Incontro con Nives Meroi, in collaborazione con Montura.
Nives Meroi
«Con quest’ultima perla abbiamo chiuso la nostra collana» scrive Nives tornando a Katmandu dopo aver completato con l’Annapurna la salita di tutti e quattordici gli ottomila della Terra. Sempre in cordata con Romano, sempre senza bombole d’ossigeno e senza climbing sherpa. Il loro percorso non è stato solo un inno alla bellezza delle montagne, ma anche un itinerario di crescita e consapevolezza. Ogni cima ha segnato un passaggio – soprattutto il Kangchendzonga, con la malattia e la guarigione di Romano – e ha portato un insegnamento, come quest’ultima, l’Annapurna. Nives e Romano sono partiti senza sapere che avrebbero affrontato un cammino di cambiamento: pensavano di escludere l’elicottero ma ne hanno fatto uso, credevano di salire solo in coppia e hanno dovuto aprirsi a una cordata allargata, con due cileni e due spagnoli, molto diversi da loro.
Eppure, «proprio lì dove gli opposti si sono incontrati, si è sprigionata l’energia per resistere insieme alle bufere, agli ostacoli, fino a sparigliare le carte di una partita che sembrava persa». Solo mettendosi ciascuno in gioco con la propria esperienza, e ponendo tutti quanti in dubbio le proprie certezze, hanno potuto compiere un’impresa che altrimenti sarebbe stata impossibile. Una scalata d’altri tempi, fatta di rispetto per la montagna e fiducia negli altri, a dimostrazione che in natura non esiste forza più formidabile dell’alleanza tra persone, della solidarietà e della collaborazione. Un atto di ribellione all’individualismo del nostro tempo cinico. Quasi un’utopia che prende forma. Video di 30 minuti con a seguire intervista.
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